In quale fasi si snoda la separazione consensuale. Quali sono gli effetti che produce e lo scioglimento della separazione consensuale.
La legge n. 898 dell’01 dicembre 1970 introduce in Italia l’istituto del divorzio, con conseguente abbattimento dell’antico dogma dell’indissolubilità del matrimonio cristallizzato dal Codice civile del 1942, derivato dal principio secondo il quale il matrimonio non poteva sciogliersi “che con la morte di uno dei coniugi” (Codice preunitario del 1865). Invero, prima dell’introduzione del divorzio, il Codice Civile prevedeva, comunque, l’istituto della separazione personale dei coniugi, considerata quale “cessazione legalmente sanzionata” dell’obbligo di convivere. L’istituto è sopravvissuto nonostante all’avvento del divorzio in Italia ed è stato profondamente riformato negli anni successivi.
Questo articolo si propone di analizzare sinteticamente le caratteristiche e le modalità di esecuzione della tipologia di separazione personale nota come separazione consensuale. Se vuoi saperne di più sull’argomento continua a leggere questo post.
In quali fasi si snoda la separazione consensuale?
La separazione consensuale è lo strumento riconosciuto dall’ordinamento ai coniugi che intendono separarsi consensualmente, definendo di comune accordo le condizioni della separazione.
Ai fini del conseguimento della separazione consensuale è, infatti, necessario che i “separandi” raggiungano una posizione concorde sull’eventuale assegno di mantenimento, sui rapporti con i figli, l’affidamento e il collocamento degli stessi, nonché su tutti gli altri aspetti concernenti la loro relazione all’indomani della separazione.
Tuttavia, un semplice accordo tra le parti non è sufficiente: perché le pattuizioni concordate dai coniugi producano effetti giuridici è necessaria la cosiddetta omologazione del giudice.
I coniugi che intendono separarsi consensualmente dovranno, avviare, in prima battuta, un procedimento dinnanzi al Presidente del Tribunale del luogo in cui gli stessi risiedono ( tale disposizione trova applicazione se il ricorso è presentato congiuntamente e se risiedono nello stesso luogo, quando, invece, il ricorso viene presentato da uno solo, il procedimento ha luogo dinnanzi al giudice del luogo di residenza dell’altro coniuge).
I coniugi devono, quindi, depositare ricorso presso l’organo giudicante di cui sopra, indicando nel dettaglio l’accordo da loro raggiunto e allegando l’ulteriore documentazione necessaria ai fini della definizione del procedimento. Di regola, tale documentazione, comprende : l’estratto per sunto dell’atto di matrimonio rilasciato dal comune in cui è stato celebrato, (richiedi qui l’estratto atto di matrimonio); lo stato di famiglia (richiedi qui il Certificato di Stato di famiglia) e il certificato di residenza di entrambi i coniugi (ottieni il tuo certificato di residenza con un semplice click).
Formato il fascicolo con tutta documentazione occorrente, il Giudicante procede alla fissazione dell’udienza finalizzata all’esperimento di un tentativo di conciliazione ex art 708 c.p.c. All’udienza di comparizione, il Presidente ascolta prima ciascuno dei coniugi, e, in seguito li ascolta congiuntamente, tentandone la conciliazione.
Se la conciliazione dei coniugi va a buon fine, il Giudice fa redigere il processo verbale della conciliazione; in caso contrario, il Presidente da atto alla separazione e delle condizioni definite dai dai coniugi circa la regolazione del rapporto tra di loro sussistente, nonché di quanto concernente l’eventuale prole, definisce inoltre, con ordinanza, i provvedimenti temporanei e urgenti ritenuti necessari nell’interesse degli eventuali figli e dei coniugi stessi, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione davanti a questi.
Terminata la fase dinnanzi al Presidente, gli atti vengono, trasmessi al Tribunale dinnanzi al quale ha luogo, secondo le modalità del rito camerale ex art. 737 c.p.c., la seconda fase della separazione consensuale: l’omologazione.
Nel corso dell’omologazione, il Giudice opera sostanzialmente un controllo di legalità e di opportunità sull’accordo definito dai “separandi”, verifica che le clausole pattuite non siano nulle per contrarietà a norme imperative o all’ordine pubblico, valuta la convenienza delle pattuizioni per l’interesse morale e materiale della prole. Nel caso in cui il giudice ritenga che le condizioni definite dalle parti siano contrarie all’interesse dei figli o che siano contrarie agli interessi indisponibili dei coniugi stessi, indica le modifiche da apportare all’accordo; e in taluni casi, può anche rifiutare l’omologazione di quanto disposto e concordato dai coniugi.
In caso contrario, il Giudicante dispone l’omologazione dell’accordo con apposito decreto. Il decreto di omologa è titolo esecutivo, pertanto, può essere utilizzato da ciascuno dei coniugi, in caso di inadempienza, per chiedere al Tribunale l’adozione delle misure cautelari di cui all’art. 156 co. 6 c.c.
Le condizioni contenute nell’accordo omologato possono, comunque, essere modificate, su ricorso di ciascuna parte, con le forme del procedimento in camera di consiglio, al fine di far fronte ad eventuali mutamenti sopravvenuti della condizione personale o patrimoniale di uno o di entrambi i coniugi a norma dell’art. 710 c.p.c.
E’ altresì possibile che, in seguito all’omologazione dell’accordo, i coniugi separati definiscano ulteriori accordi su questioni non specificatamente esaminate nell’ambito dell’accordo principale, che andranno a costituire clausole integrative all’accordo omologato.
Separazione consensuale in Comune.
Oltre alla procedura giudiziale appena descritta, è possibile ricorrere ad una alternativa: la separazione consensuale in Comune.
Secondo quanto previsto dall’art 12 della Legge 10 novembre 2014, n. 162, i coniugi possono ottenere la separazione consensuale – nonché il divorzio e la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio – attraverso la definizione di un accordo davanti all’Ufficiale dello Stato civile.
La separazione consensuale in Comune può essere, in realtà, esperita solo dalle coppie che non abbiano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti.
E’ peraltro necessario, che entrambi i coniugi siano concordi nell’attuazione della separazione consensuale in Comune, in caso contrario sarà necessario rivolgersi all’organo giudicante secondo la disciplina precedentemente esaminata.
La procedura deve avvenire dinnanzi al Sindaco, nelle vesti di ufficiale dello stato civile , del comune di residenza di uno dei coniugi o del comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio (con l’assistenza facoltativa di un avvocato) ed è finalizzata alla sottoscrizione di un accordo volto ad attestare le condizioni di separazione tra i coniugi.
Una volta raggiunto l’accordo, l’ufficiale di Stato, fissa una data successiva (non prima di 30 giorni), per l’attuazione di un nuovo incontro finalizzato a confermare ufficialmente l’accordo in questione: in tale data le parti dovranno presentarsi per rendere all’ufficiale di stato civile una ulteriore dichiarazione che confermi la validità dell’accordo. La mancata comparizione dei “separandi” equivale alla mancata conferma dell’accordo.
Quali sono gli effetti della separazione consensuale?
Con la separazione consensuale cessano per entrambi i coniugi: l’obbligo di convivenza e l’obbligo di assistenza in tutte forme presupponenti la convivenza; si attenua – secondo l’orientamento di predominante dottrina – l’obbligo di fedeltà; cessa la presunzione di paternità; si scioglie la comunione dei beni; ma persiste l’obbligo di collaborazione, con particolare riguardo alla prole.
Lo scioglimento della separazione consensuale.
Statuisce l’art 157 c.c. che “I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l’intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.”
Gli effetti della separazione consensuale descritti in precedenza, dunque, si estinguono solo nel caso in cui i separati formulino una esplicita dichiarazione in tal senso ovvero riprendano la convivenza. Dovendosi considerare come convivenza intesa (secondo consolidata giurisprudenza di legittimità) non il semplice verificarsi di ripetuti incontri e frequentazioni tra i due, ma “una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali costituenti manifestazione ed effetto della rinnovata società coniugale”.
In caso di riconciliazione, ad ogni modo, la separazione potrà essere nuovamente pronunciata solo per fatti verificatisi successivamente alla riconciliazione stessa.
Qualora la riconciliazione non dovesse verificarsi e i coniugi fossero intenzionati a conseguire lo scioglimento definitivo del matrimonio, decorsi sei mesi dalla comparazione dinnanzi all’organo giudicante per il conseguimento della separazione consensuale, la coppia potrà accedere alla procedura di divorzio.
Per approfondire l’argomento puoi leggere il nostro articolo sulla separazione con addebito in caso d’infedeltà e sulla separazione giudiziale.
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