Le novità sulla vendita alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 4428 del 2018, e sulla donazione alla luce della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 5068 del 2016.
La Quotina è la quota di un bene ereditario, facente parte di una più ampia massa.
Hai da poco accettato l’eredità del tuo caro defunto, divenendo coerede della comunione ereditaria, che comprende più beni. Non vi siete ancora accordati per una eventuale divisione, ma tu hai necessità o la volontà di vendere o donare la tua quota di comproprietà, su uno dei beni ereditari. Cosa fare? Continua a leggere per avere tutte le risposte.
Quando si diviene coeredi di una massa ereditaria composta da più beni, oltre ad avere la proprietà di una quota indivisa della comunione ereditaria, idealmente si è anche comproprietari di una quota su ogni singolo bene, detta “quotina”.
Vendere o donare la Quotona.
Se si vuole vendere o donare ad un terzo la “Quotona”, ovvero la quota indivisa sull’intera massa ereditaria comune, non si pongono particolari problemi. La donazione avviene come per qualunque altro bene, per la vendita ad un terzo estraneo alla comunione ereditaria, invece, è necessario rispettare il diritto di prelazione dei coeredi a norma dell’articolo 732 del codice civile. Il coerede dovrà, pertanto, notificare la sua intenzione di vendere la propria quota ereditaria, con il relativo prezzo, agli altri eredi, che avranno due mesi di tempo per poter decidere se esercitare il diritto di prelazione o meno. La ratio del diritto di prelazione ex art. 732 cod.civ. è quella di evitare che nella comunione ereditaria entri un estraneo, che poi farà parte della divisione assieme agli altri coeredi. Quindi si da la facoltà agli altri eredi, di poter acquistare la quota in vendita, alle stesse condizioni. Ove questo diritto non venga esercitato nel termine di due mesi, la quota potrà essere alienata a titolo oneroso ad un terzo. Chiaramente questo non vale per le donazioni poiché mancherebbe la parità delle condizioni, e non vi sarebbe l’animus donandi.
Cosa succede se invece si vuole vendere o donare la quotina?
Vendere la quotina.
La vendita della “quotina” ha un oggetto particolare, fino alla divisione dei beni, infatti, si detiene una quota di tutta l’eredità, che comprende anche il bene del quale si vuole disporre. Non è detto, però, che in sede di divisione quel determinato bene venga assegnato al venditore. La divisione, difatti, non sempre si svolge amichevolmente, con l’accordo di tutti i comunisti su come e a chi assegnare le diverse proprietà. Spesso la divisione viene fatta con estrazione a sorte dei beni ex art. 729 cod. civ., avvalendosi anche dell’aiuto del notaio, che provvede a formare i lotti sulla base della stima del valore dei beni ereditari. Pertanto, il bene di cui si vuole disporre o parte di esso, non può essere alienato come bene proprio, ma deve essere considerato quale bene altrui. La vendita avverrà ai sensi dell’articolo 1478 del codice civile, che disciplina la vendita di cose altrui, con l’obbligo del coerede venditore a procurare l’acquisto del bene, o una sua parte, al compratore. Gli effetti negoziali della compravendita saranno immediati, ma con effetti traslativi differiti al momento della divisione, poiché solo in quel momento si saprà se il bene verrà assegnato al venditore. Quest’ultimo, in altre parole, si obbliga con la compravendita, a procurare il bene all’acquirente, ovvero a farsi assegnare il bene in questione. L’oggetto del contratto sarà così l’esito divisionale, sottoposto alla condizione sospensiva dell’avvenuta assegnazione di quel bene specifico, in sede di divisione, al coerede venditore. È solo in tale momento, all’avvenuta divisione, che il venditore acquista la proprietà del bene e per l’effetto, in virtù del contratto di vendita, ne diviene pieno proprietario l’acquirente. A conferma di tale tesi la Corte di Cassazione con sentenza n. 4428 del 2018 afferma
“La vendita di un bene, facente parte di una comunione ereditaria, da parte di uno solo dei coeredi, ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia subordinata all’assegnazione del bene al coerede-venditore attraverso la divisione; pertanto, fino a tale assegnazione, il bene continua a far parte della comunione e , finchè essa perdura, l’acquirente non può ottenerne la proprietà esclusiva”.
Donare la quotina.
Per la donazione della “quotina” non valgono le stesse considerazioni fatte per la vendita, che avviene alla stregua della vendita di bene altrui. Questo perché, se sono possibili la vendita di un bene futuro, e la vendita di un bene altrui, non lo è altrettanto la donazione. l’articolo 771 del codice civile sancisce la nullità delle donazioni di beni futuri, non solo dei beni oggettivamente futuri, dunque non ancora esistenti, ma anche soggettivamente futuri, ovvero non ancora di proprietà del disponente. La ratio di tale divieto consiste in una tutela per il donante che, non avendo ancora i beni di cui intende disporre, potrebbe, non volendo, eccedere di prodigalità, senza rendersi conto del valore effettivo dei beni di cui si sta spogliando in favore di un altro soggetto. La poca chiarezza della norma, però, che si riferisce ai beni futuri senza null’altro specificare, ha aperto le maglie ad altra dottrina che ritiene invece ammissibile la donazione di beni altrui, sulla scorta del secondo dell’articolo 769 cod. civ., che consente la donazione mediante assunzione di una obbligazione. Tale teoria sostiene che la donazione di un bene altrui rientra nelle donazioni obbligatorie, poiché il donante si obbliga a procurare la proprietà del bene al donatario. Nonostante la potenziale validità della tesi sovraesposta, la giurisprudenza negli anni è sempre stata chiara sulla nullità della donazione di beni soggettivamente futuri, non entrati ancora nel patrimonio del donante.
Significativa a tal proposito è la sentenza della Cassazione n. 12782 del 2013, secondo cui
“la donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 cod. civ., poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare”.
Alla luce della nullità di cui all’art. 771 cod.civ., si sono prospettate diverse soluzioni ai fini di una valida donazione della quotina.
- La prima consiste nella donazione dell’esito divisionale, ovvero, come per la vendita, sottoponendo la donazione alla condizione sospensiva dell’assegnazione di quel dato bene al donante. Tale soluzione però, si avvicina alla donazione di beni altrui, colpita da nullità, e pertanto non ritenuta sicura.
- Altra soluzione è quella di far intervenire in atto anche gli altri coeredi, per far prestare il loro consenso alla donazione della quotina. Anche tale soluzione non si ritiene condivisibile poiché il mero consenso degli altri comunisti non modifica la natura del bene donato, che è potenzialmente altrui.
La questione negli anni, è sempre stata dibattuta, fino alla storica sentenza del 2016 n. 5068, che ha confermato la nullità della donazione di beni altrui, non per l’applicazione in via analogica della nullità prevista per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione. La proprietà attuale del bene oggetto della donazione, in capo al donante, infatti, è un elemento essenziale del contratto di donazione, in mancanza della quale viene meno la causa tipica del contratto stesso. La citata sentenza afferma che
“La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”.
Questa sentenza, pone un’importante novità nella donazione della quotina, perché suggerisce una soluzione ottimale per non incorrere nella nullità di cui all’art. 771 cod.civ., ovvero la donazione della quotina non come bene proprio, ma nella consapevolezza dell’altruità del bene stesso, esplicitando in atto che entrambe le parti sono state rese edotte che non vi è efficacia traslativa immediata, ma vi è un obbligo del donante, in sede di divisione, a farsi assegnare il bene. Configurando così l’atto come una donazione esplicitamente obbligatoria.
È necessario, pertanto, porre attenzione a come viene strutturato l’atto di donazione, per non incorrere nella sua nullità.
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