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La rappresentazione ereditaria – artt. 467 e ss. Cod. Civ.

L’istituto della rappresentazione ereditaria consente a dei soggetti che sono discendenti legittimi o naturali dell’erede, e che prendono il nome di rappresentanti, di subentrare al posto del proprio ascendente che ha la qualità di erede in relazione ad una chiamata all’eredità, e che assume il nome di rappresentato.

Per comprendere meglio il meccanismo in questione è necessario fare un passo indietro e partire dal principio.

Chiamata all’eredità – la successione ereditaria

Quando una persona cessa la propria esistenza terrena i beni di sua proprietà devono essere assegnati ad uno o ad altri soggetti, detti eredi, affinché si possa imputare la titolarità dei diritti inerenti alla figura del defunto a nuovi soggetti e possano proseguire i rapporti giuridici esistenti o crearsene di nuovi. Dunque tutti i beni del de cuius rientrano nell’asse ereditario che sarà la base di partenza.

È possibile ed è previsto all’interno nel nostro ordinamento giuridico, che il defunto abbia voluto disporre dei propri beni anche per un momento successivo alla propria morte, assegnandoli a una o più determinate persone; attraverso il testamento il de cuius può compiere queste scelte. Il testamento, quindi, contiene le disposizioni finali del testatore con cui quest’ultimo dispone di tutti o di alcuni dei suoi beni dopo la propria morte.

Approfondisci il tema consultando il nostro articolo sul testamento solidale o tramite il nostro articolo sul testamento internazionale.

Affinché il testamento sia valido è necessario che sia formato in una delle forme previste nel nostro ordinamento giuridico (art. 601 e ss.): testamento olografo, testamento pubblico o testamento segreto; va ricordata anche la presenza delle forme dei testamenti speciali (art. 609 e ss.).

Ovviamente la legge ritenendo che alcune categorie di soggetti (detti legittimari), in virtù del proprio rapporto con il defunto, debbano essere particolarmente tutelate assegna loro una quota dell’asse ereditario, che varia in relazione al grado di parentela con il de cuius ed alla presenza di altri parenti stretti. Se il defunto dovesse ledere, attraverso le proprie disposizioni testamentarie, la quota di legittima spettante ai legittimari, questi ultimi possono tutelare la propria posizione attraverso l’azione di riduzione nei confronti degli altri coeredi.

Qualora il de cuius non abbia lasciato un testamento prima di morire o comunque non abbia disposto per l’intero del proprio patrimonio all’interno del testamento, la legge interviene disponendo come ripartire l’asse ereditario (o la restante parte).

Impossibilità o mancanza di volontà

Detto ciò, può succedere che una persona chiamata all’eredità, sia con la forma testamentaria piuttosto che con la forma legittima, per un qualsiasi motivo non possa o non voglia succedere al defunto. In questo caso il nostro ordinamento giuridico, tramite l’istituto della rappresentazione ereditaria presente agli artt. 467 e ss. Cod. Civ., assegna la possibilità ai discendenti legittimi o naturali dell’erede di subentrare nella posizione di quest’ultimo e potere quindi reclamare la parte di eredità spettante al proprio ascendente non intervenuto.

Proviamo a rendere più semplice la comprensione di quanto fin qui esposto attraverso alcuni piccoli esempi.

Ipotizziamo che Tizio sia erede di Caia, ma si sia macchiato nel corso della vita nei confronti di quest’ultima, di una delle gravi ipotesi previste nel nostro ordinamento giuridico tra i casi d’indegnità, disciplinati dagli artt. 463 e ss. del Codice Civile; in questo caso Tizio non potrà partecipare alla successione di Caia. Tuttavia i discendenti legittimi o naturali di Tizio, potranno subentrare nella posizione del proprio ascendente indegno.

Invece, un esempio di mancanza di volontà dell’erede a succedere potrebbe essere quello in cui Mevia, erede di Sempronio, sappia che vi siano rilevanti debiti nell’eredità di quest’ultimo e ritenga inutile o troppo dispendiosa l’accettazione dell’eredità, anche se fatta con beneficio d’inventario. Anche in questo caso, tutti gli eredi legittimi o naturali di Mevia potranno subentrare nella posizione della propria ascendente.

Le figure interessate nella rappresentazione ereditaria

Le figure che risaltano all’occhio in relazione all’istituto della rappresentazione ereditaria sono il rappresentato ed il rappresentante.

Il rappresentato è quel soggetto chiamato all’eredità che non possa o non voglia (negli esempi qui precedentemente utilizzati rispettivamente Tizio e Mevia) succedere al de cuius. Il nostro Codice Civile è puntuale nel circoscrivere i rappresentati che, rispetto al defunto sono: i figli legittimi, legittimati ed adottivi nella linea retta; i fratelli e le sorelle nella linea collaterale.

A tal proposito è utile ricordare che, secondo la giurisprudenza, affinché possa esserci rappresentazione nella linea collaterale è necessario che i fratelli e le sorelle del de cuius siano legittimi, poiché tra figli naturali del medesimo genitore non si instaura alcun rapporto (Cass. Civ., sez. II, n. 5747/1979); la Corte Costituzionale, intervenuta sul punto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 565 del Codice Civile, nella parte in cui antepone lo Stato ai fratelli naturali, in mancanza di altri chiamati ex lege all’eredità.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha anche ribadito più volte che l’elenco di soggetti, previsto dall’art. 468 c.c., sia tassativo; in particolare la posizione del rappresentato non può essere integrata dal coniuge del defunto (Cass. Civ., sez. II, n. 5077/1990; in senso conforme anche Cass. Civ., sez. II, n. 5508/2012).

I rappresentanti, invece, sono i discendenti legittimi e naturali riconosciuti dei rappresentati.

Relativamente ai figli adottivi, la rappresentazione è valida esclusivamente nei confronti di coloro che erano minorenni nel momento dell’adozione e non anche per quelli che al momento dell’adozione erano già in età maggiorenne, dato che l’art. 467 c.c. non prevede la successione per rappresentazione al posto del genitore adottivo ad appannaggio di chi sia stato adottato da maggiorenne.

Non possono integrare la figura del rappresentante neanche chi non sia stato ancora concepito al momento dell’apertura della successione, poiché per poter essere destinatario della successione ex lege è necessario essere già nati o quanto meno concepiti (Cass. Civ., sez. II, n. 4621/2012).

Aggiornamenti giurisprudenziali

A questo punto risulta utile ricordare un orientamento giurisprudenziale ormai ben consolidatosi all’interno del nostro ordinamento anche attraverso le sentenze della Corte di Cassazione: il rappresentante, sia esso discendente legittimo o naturale del rappresentato, nel subentrare nel luogo e nel grado dell’ascendente succede direttamente al defunto (Cass. Civ., sez. II, n. 594/2015), concetto recentissimamente ribadito dalla stessa Suprema Corte, pur aggiungendo che i rappresentanti mantengono una posizione autonoma rispetto al rappresentato (Cass. Civ., sez. II, n. 2914/2020).

A tal proposito la prima sentenza sull’argomento in questione aveva anche specificato che l’oggetto della delazione ereditaria non muta nel caso di rappresentazione ereditaria, ragion per cui ai rappresentanti verrà assegnata la medesima quota che sarebbe spettata al rappresentato (Cass. Civ., sez. II, n. 20018/2004).

Se l’articolo ti è piaciuto o hai curiosità lascia pure un commento; se invece hai bisogno di approfondire la successione testamentaria puoi consultare i nostri articoli sull’argomento.

Avv. Roberto Fleres

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